La Suprema Corte di Cassazione, in un caso seguito dallo Studio Legale Lupi & Associati, ha confermato ancora una volta il principio secondo cui “i datori di lavoro che inviano dipendenti in Paesi che hanno sottoscritto accordi internazionali di sicurezza sociale, che consentono il mantenimento della copertura assicurativa in Italia, devono assumere come parametro per la determinazione della base imponibile contributiva le retribuzioni effettivamente corrisposte ai lavoratori all’estero”.
Detto principio espresso da Cass. nr. 17646/2016 si è andato consolidandosi con numerose pronunce successive della Suprema Corte che hanno altresì tutte confermato che -in ogni caso- l’art. 1, comma 8-bis, Testo Unico Imposte sul Reddito (TUIR), secondo cui il reddito di lavoro dipendente prestato all'estero da dipendenti che nell'arco di dodici mesi soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni, è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali, ha valenza esclusivamente fiscale e non può essere applicato alla materia previdenziale.
In buona sostanza, resta confermato che -ai fini previdenziali- ai lavoratori inviati in Paesi che hanno sottoscritto una convenzione contro la doppia imposizione previdenziale (e che scelgono di versare i contributi in Italia), i contributi previdenziali si calcolano sulle retribuzioni effettivamente corrisposte all’estero, mentre, ai lavoratori inviati in Paesi non convenzionati, i contributi previdenziali si devono calcolare sulla retribuzioni convenzionali definite annualmente a livello ministeriale.