La limitazione dei lavoratori interessati dalla procedura di licenziamento collettivo ai soli addetti ad un particolare reparto.
(Cass. Civ., Sez. Lav., Ord. n. 2245 del 25 gennaio 2023)
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2245 del 25 gennaio 2023, è tornata ad esprimersi in merito alla possibilità per il datore di lavoro, in caso di licenziamento collettivo nell’ambito del quale il piano di ristrutturazione si riferisca in modo esclusivo ad un’unità produttiva o ad uno specifico settore dell’azienda, di limitare la platea dei lavoratori interessati agli addetti ad un determinato reparto o settore.
Nel caso di specie, un gruppo di lavoratori agiva in giudizio avverso la società ex datrice di lavoro affinché venisse accertata l’illegittimità dei licenziamenti intimati nei loro confronti nell’ambito di una procedura collettiva. I lavoratori, in particolare, contestavano che, poiché la crisi e la riorganizzazione avevano riguardato l’intero complesso aziendale, la limitazione dei licenziamenti all’ambito provinciale di Milano appariva del tutto illegittima ed ingiustificata.
La Corte d’Appello adita, confermando la decisione assunta dal Tribunale, accoglieva il ricorso presentato dai lavoratori e dichiarava l’illegittimità dei licenziamenti.
Avverso tale decisione proponeva ricorso per Cassazione la società.
La Corte di Cassazione affermava il principio secondo cui “in caso di licenziamento collettivo per riduzione del personale, ai fini di una delimitazione del personale a rischio, è imprescindibile che sussistano contemporaneamente sia un'autonomia dello stabilimento oggetto della procedura che l’infungibilità delle mansioni svolte presso l'unità produttiva; siffatte esigenze tecnico produttive ed organizzative devono essere necessariamente enunciate ed illustrate dal datore con la comunicazione di cui alla L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 3”.
Considerato che nel caso di specie, come correttamente già rilevato dalla Corte d’Appello, non era ravvisabile né la necessità di sopprimere delle specifiche unità produttive né l’infungibilità delle mansioni svolte dai lavoratori coinvolti nel licenziamento, rigettava il ricorso.
La grave offesa a mezzo social configura il reato di diffamazione.
(Cass. Pen., Sez. V., Sent. n. 2251 del 19 gennaio 2023)
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 2251 del 19 gennaio 2023, si è espressa in merito al discrimine tra il reato di diffamazione e l’ingiuria, quando l’offesa, resa a mezzo social, riguardi deficit fisici della persona lesa.
Nel caso in esame, un uomo veniva tratto a giudizio per il reato di diffamazione aggravato dall’essere stato commesso a mezzo internet, per avere commentato, attraverso il social network “Facebook”, un post pubblico dedicato ai problemi di viabilità del comune di Luino, facendo espresso riferimento ai deficit visivi di una conoscente, dileggiandola con la frase “mi verrebbe da scrivere la lince, ma ho rispetto per la gente sfortunata” seguita da più “emoticon” simboleggianti risate.
Il Tribunale condannava l’imputato per il reato di diffamazione aggravato ai sensi dell’art. 595, co. 3, c.p. oltre al risarcimento dei danni nei confronti della parte civile. Avverso tale sentenza veniva proposto appello.
La Corte d’Appello di Milano riformava la sentenza emessa in primo grado e assolveva l’imputato perché il fatto non costituisce più reato. La Corte, infatti, escludeva la sussistenza del reato di diffamazione, ritenendo che non vi fosse stato alcun pregiudizio per la reputazione perché “un deficit visivo non diminuisce il valore di una persona”, e riqualificava il fatto ex art. 594 c.p. ritenendo che l’ipotesi dell’ingiuria – depenalizzata – ricorresse allorché la parte offesa fosse nella possibilità di replicare in via immediata alle espressioni offensive pubblicate su una chat.
Avverso la sentenza proponeva ricorso per cassazione la parte civile.
La Corte di Cassazione accoglieva il ricorso richiamando il seguente principio di diritto: “integra il reato di diffamazione il riferirsi ad una persona con un’espressione che, pur richiamando un handicap motorio effettivo, contenga una carica dispregiativa che, per il comune sentire, rappresenti una aggressione alla reputazione della persona, messa alla berlina per le sue caratteristiche fisiche”. Inoltre, affermava che l’elemento distintivo tra ingiuria e diffamazione è costituito dal fatto che nell’ingiuria la comunicazione, con qualsiasi mezzo realizzata, è diretta all’offeso, mentre nella diffamazione l’offeso resta estraneo alla comunicazione offensiva intercorsa con più persone e non è posto in condizione di interloquire con l’offensore, pertanto soltanto il requisito della contestualità tra comunicazione dell’offesa e recepimento della stessa da parte dell’offeso vale a configurare l’ipotesi dell’ingiuria.
Sulla disciplina delle prestazioni occasionali a seguito della legge del bilancio n. 197/2022.
La Legge di bilancio n. 197 del 29 dicembre 2022, entrata in vigore il 1° gennaio 2023, ha dedicato numerose disposizioni al diritto del lavoro, soprattutto quello di tipo occasionale.
Tra le novità, tale Legge ha nuovamente introdotto l’utilizzo dei voucher come forma di retribuzione del lavoro occasionale.
Coloro che possono ricorrere a questa tipologia lavorativa sono gli utilizzatori che impiegano fino a 10 lavoratori a tempo indeterminato. In merito al computo degli addetti a tempo indeterminato, è stato chiarito che si assume a base di calcolo della forza aziendale con un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, il semestre che va dall’ottavo al terzo mese antecedente la data dello svolgimento della prestazione lavorativa occasionale.
Inoltre, dal 1° gennaio 2023 è stato elevato fino a 10.000 € all’anno il limite massimo dei compensi che possono essere corrisposti da ciascun utilizzatore ai lavoratori occasionali.
Non è stato invece variato il limite massimo annuale per i prestatori di lavoro, pari a 5.000 euro nel caso di prestazione resa a favore di più utilizzatori, che si riduce a 2.500 € nei confronti dello stesso utilizzatore.
Infine, sono computati in misura pari al 75% del loro importo i compensi per prestazioni di lavoro occasionali rese dai seguenti soggetti, purché essi autocertifichino la relativa condizione:
In tale ultimo caso, l’Inps provvede a sottrarre dalla contribuzione figurativa relativa alle prestazioni integrative del salario o di sostegno del reddito, gli accrediti contributivi derivanti dalle prestazioni occasionali.