lunedì 3 aprile 2023

Legittimo il licenziamento per giusta causa del lavoratore che celi una situazione di potenziale conflitto di interessi.

(Trib. Roma, Sez. Lav., Sent. n. 2589 del 14 marzo 2023)

Il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 2589 del 14 marzo 2023, ha dichiarato la legittimità del licenziamento per giusta causa irrogato ad un lavoratore che, in violazione alle previsioni del codice di comportamento e del codice etico aziendale, ometteva di comunicare di intrattenere una relazione sentimentale con una collega addetta allo stesso settore di attività.

Nel caso di specie una società licenziava per giusta causa un proprio dipendente che, in violazione alle previsioni del codice di comportamento e del codice etico aziendale, ometteva di comunicare di intrattenere una relazione sentimentale con una propria collega. Al lavoratore veniva altresì contestato di aver invitato la collega a tacere il proprio stato di gravidanza, così da non ostacolare la promozione del compagno, e aver invitato la lavoratrice a cambiare datrice di lavoro.

L’istruttoria espletata nell’ambito del giudizio confermava le condotte contestate al lavoratore.

Pertanto, il Tribunale confermava la legittimità del licenziamento per giusta causa.

Difatti, “nel caso di specie il fatto ascritto al ricorrente risulta lesivo del codice di comportamento e del codice etico, adottati dalla società datrice di lavoro, nonché più in generale dei doveri di correttezza e lealtà che devono essere rispettati nel rapporto di lavoro".

Insomma, la condotta contesta, secondo il Tribunale, era idonea a giustificare il licenziamento in quanto “nel caso di specie risulta che il ricorrente volontariamente abbia anteposto il proprio interesse personale all’avanzamento di carriera, rispetto agli interessi della Società resistente, celando una situazione di potenziale conflitto di interessi in violazione dell’obbligo di disclosure e compromettendo la serenità sul luogo di lavoro”.

 

 

La diffusione di messaggi no-vax tramite strumenti aziendali configura una giusta causa di licenziamento.

(Cass. Civ., Sez. Lav., Ord. n. 7293 del 13 marzo 2023)

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7293/2023, ha confermato la legittimità del licenziamento per giusta causa irrogato ad un autista di bus che, durante lo svolgimento della propria prestazione lavorativa, utilizzava il display esterno del mezzo per diffondere un messaggio no-vax.

Nel caso in esame, un autista veniva licenziato per aver utilizzato, senza alcuna autorizzazione aziendale, il sistema di bordo per la tabellazione della vettura aziendale assegnata per lo svolgimento del servizio di linea per divulgare un messaggio di dissenso all’obbligo vaccinale. Ancora, il lavoratore pubblicava la foto del bus su Facebook e, sotto al commento di un utente che scriveva che l’autista meritava il licenziamento, rispondeva con la seguente frase “ci hanno provato in tutti i modi ma per loro insolenza gli ho sfilato 40.000 euro con i quali mi sono fatto casa nuova ahahah”.

La datrice di lavoro licenziava il lavoratore evidenziando che la sua condotta, che costituiva un chiaro abuso dei mezzi e degli strumenti aziendali messi a disposizione del lavoratore, pregiudicava il possibile utilizzo del mezzo da parte dell’utenza, non rendendo identificabile la linea esercitata, e recava pregiudizio all’immagine e alla reputazione dell’azienda. Ancora, in merito al commento su Facebook, secondo la datrice di lavoro, la condotta costituiva una chiara dimostrazione di scherno o di disprezzo ai superiori e, in generale, nei confronti della datrice di lavoro.

Sia il Giudice di primo grado che la Corte d’Appello rigettavano le domande di impugnazione del licenziamento.

Avverso la sentenza della Corte d’Appello il lavoratore proponeva ricorso per cassazione.

La Corte di Cassazione rigettava il ricorso del lavoratore evidenziando la legittimità dello stesso. In particolare, secondo la Corte, “Il notevole disvalore sociale di tutto il comportamento oggetto di incolpazione ed il quomodo del suo sviluppo non consentono, del resto, in alcun modo la sussunzione dell'addebito nella diversa previsione contrattuale della mera "mancanza da cui è derivata una momentanea irregolarità del servizio", a cui si sarebbe potuta ricollegare una sanzione conservativa.

Insomma, la condotta del dipendente complessivamente considerata, visto anche la dimostrazione di scherno e disprezzo manifestata dal lavoratore sui social, configurava una giusta causa di licenziamento.

 

La legittimità costituzionale dell’art. 8 del D.L. n. 138/2011.

(Corte Costituzionale, Sent. n. 52 del 28 marzo 2023)

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 52 del 28 marzo 2023, ha confermato la legittimità costituzionale dell’art. 8 del D.L. n. 138/2011 che prevede, in presenza di determinati presupposti, l’efficacia erga omnes del contratto collettivo aziendale di prossimità.

Nel caso di specie, un gruppo di lavoratori agivano giudizialmente chiedendo la condanna del datore di lavoro alla corresponsione di differenze retributive per scatti di anzianità, ferie e altri istituti retributivi, le quali non erano state pagate perché un contratto collettivo di prossimità, stipulato dalla società con il sindacato ritenuto maggiormente rappresentativo, aveva previsto un peggioramento delle condizioni economiche dei lavoratori rispetto al contratto collettivo di settore.

In primo grado, il Tribunale rigettava le richieste dei lavoratori affermando l’efficacia erga omnes del contratto di prossimità sottoscritto dal sindacato maggiormente rappresentativo, in virtù del disposto dell'articolo 8 del D. L. n. 138/2011.

I lavoratori impugnavano la sentenza di primo grado.

La Corte d’Appello di Napoli, sospettando l’illegittimità costituzionale dell’art. 8 del D.L. n. 138/2011 ed evidenziato che la controversia non potesse essere decisa se non attraverso l’applicazione di tale disposizione, rimetteva la questione della legittimità costituzionale della menzionata disposizione in riferimento agli artt. 2 e 39 primo comma della Costituzione alla Corte Costituzionale.

La Corte Costituzionale, nel caso di specie, ha ritenuto inammissibile la questione di legittimità ricordando che l’art. 8 del D.L. n.138/2011 prevede una deroga alla disciplina prevista in materia di accordo aziendale, efficace solamente tra le parti stipulanti lo stesso, prevedendo l’efficacia generale del contratto collettivo aziendale di prossimità solamente in presenza dei presupposti stabiliti dalla norma stessa.

Ne consegue che tale efficacia erga omnes, costituendo un’ipotesi eccezionale sussistente solamente in determinati casi, è coerente con il contenuto delle menzionate norme costituzionali.