mercoledì 26 aprile 2023

NEWSLETTER DEL 26 APRILE 2023

In caso di cessione d’azienda illegittima grava sul cedente l’obbligo contributivo.

(Cass. Civ., Sez. Lav., Ord. n. 9143 del 31 marzo 2023)

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9143 del 31 marzo 2023, ha ribadito che, in caso di cessione d’azienda illegittima, l’obbligo contributivo grava sul cedente.

Nel caso in esame, il Tribunale di Bologna accertava un debito di Euro 209.990,00 richiesto dall’INPS alla società per i contributi di 10 lavoratori reintegrati presso la società cedente successivamente alla dichiarazione di illegittimità della cessione del ramo d’azienda.

La Corte d’Appello di Bologna, in riforma della sentenza del Tribunale, accertava negativamente il debito richiesto dall’INPS in virtù della dichiarazione di illegittimità della cessione di ramo di azienda. La Corte, infatti, riteneva che durante la cessione, invalidata solo successivamente, premesso che la responsabilità per i contributi si basava sulla titolarità del rapporto di lavoro della cedente presso cui i lavoratori erano stati reintegrati, non c’erano obblighi retributivi né contributivi della cedente.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l’INPS, la quale lamentava che la Corte d’Appello avesse trascurato che la contribuzione ha fonte nel rapporto di lavoro e non nella retribuzione e che avesse attribuito rilievo al mancato svolgimento della prestazione per la società cedente e trascurato che la stessa società ammettesse di essere datore di lavoro dei lavoratori in questione.

La Corte di Cassazione accoglieva il ricorso specificando che “in caso di cessione di azienda dichiarata illegittima, permane l'obbligo contributivo previdenziale del c.d. cedente anche in relazione al periodo per il quale la prestazione lavorativa è stata resa in favore del beneficiario della c.d. cessione, restando irrilevanti sia le vicende relative alla retribuzione dovuta dal cedente, sia l'eventuale pagamento di contributi da parte del c.d. cessionario per lo stesso periodo”.

 

Sull’ammissibilità dei c.d. “controlli difensivi” del datore di lavoro sui dipendenti.

(Trib. Roma, Sez. Lav., Ord. n. 2589 del 14 marzo 2023)

Il Tribunale di Roma, con l’ordinanza del 14 marzo 2023, si è espresso in merito al ricorso da parte del datore di lavoro di controlli sui dipendenti tramite agenzie di investigazione privata.

Nel caso di specie, un operaio riceveva una contestazione disciplinare per mancata e irregolare prestazione lavorativa in diciotto occasioni, per avere violato l’orario di lavoro e per aver abbandonato ingiustificatamente il posto di lavoro.

La società, dopo aver ascoltato le giustificazioni rese oralmente dal lavoratore, ritenendole infondate, comminava il licenziamento per giustificato motivo soggettivo di natura disciplinare.

Il lavoratore impugnava il licenziamento contestandone la legittimità per avere il datore di lavoro fatto ricorso abusivamente al controllo dei dipendenti attraverso investigatori privati.

Il Tribunale rigettava il ricorso ricordando l’insegnamento della consolidata giurisprudenza in merito all’ammissibilità del ricorso ai controlli sui dipendenti tramite agenzie di investigazione private, così enunciando il seguente principio di diritto: “il divieto, per il datore di lavoro, di ricorrere a controlli eseguiti tramite agenzia di investigazione privata, è limitato alla verifica dell’adempimento o dell’inadempimento, da parte del lavoratore, della sua prestazione lavorativa come tale o delle sue modalità di esecuzione, mentre il datore di lavoro ben può eseguire, anche attraverso le suddette agenzie, i c.d. “controlli difensivi” che possono estendersi a verificare la realizzazione di comportamenti illeciti da parte del lavoratore, quali (nel caso di specie) la falsa attestazione di orari di lavoro o l’allontanamento dal luogo di lavoro anche in orario ordinario per scopi privati senza che ciò risultasse né documentato né richiesto, essendo sufficiente, per procedere a detti controlli, anche il solo sospetto o la mera ipotesi che illeciti siano in corso di esecuzione”.

 

Il DVR deve considerare anche i rischi occulti e non immediatamente percepibili.

(Cass. Pen., Sez. 4°, Sent., n. 9450 del 7 marzo 2023)

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9450 del 7 marzo 2023, è tornata ad esprimersi in merito alla valenza sostanziale del Documento di Valutazione dei Rischi che deve necessariamente essere preordinato all’individuazione di tutti i rischi, compresi quelli occulti, e all’adozione di concrete misure di prevenzione e protezione.

Nel caso di specie un lavoratore, mentre spacchettava un pacco di travi, subiva la frattura di un piede a causa della caduta di una delle travi. In particolare, la caduta era imputabile non solo a un suo comportamento imprudente ma anche e soprattutto al non corretto posizionamento di una fascetta da parte del fornitore.

A seguito della vicenda, l’amministratore delegato della società datrice di lavoro veniva indagato per il reato di lesioni personali gravi.

La Corte d’Appello, in riforma della sentenza di primo grado, riteneva responsabile dell’accaduto il datore di lavoro per il reato di lesioni personali gravi in offesa di un lavoratore subordinato commesse con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, all'articolo 590 del Codice penale.

Avverso tale sentenza l’imputato promuoveva ricorso presso la Corte di Cassazione.

La Corte di Cassazione confermava la pronuncia della Corte d’Appello, evidenziando la sussistenza del profilo di colpa dell'imputato, inerente all'omessa predisposizione di un idoneo D.V.R. con riferimento “allo specifico rischio connesso all'attività di stoccaggio di travi previo spacchettamento”. Infatti, “In tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro, avvalendosi della consulenza del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, ha l'obbligo giuridico di analizzare e individuare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda e, all'esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall'art. 28 del d.lgs. n. 81 del 2008, all'interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori (ex multis: Cass. SU, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, Rv. 261109)”.

Veniva dunque confermata la responsabilità del datore di lavoro che, nel predisporre il D.V.R., avrebbe necessariamente dovuto considerare anche i pericoli occulti e non immediatamente percepibili.